FBM8 – Da Sud a Nord in doppia veste

Dopo l’inizio spumeggiante che ha permesso di cogliere le differenze di territorio e di modo di produzione di due zone limitrofe, ma con ben differente peso commerciale, nella seconda serata abbiamo rispolverato uno dei grandi classici di FBM, il vagabondare fra diverse regioni italiane che custodiscono vitigni tradizionali. I sei campioni degustati, ognuno proveniente da una regione diversa, sia in veste bianca che rosata, hanno permesso di fare un’ipotetica rialita dalla Campania fino al Trentino. Come di consuetudine i prodotti sono stati serviti in ordine di crescente sosta sui lieviti fino ad arrivare ad un 110 mesi. La presenza di Graziano Terzoni, enologo, poeta e  patron dell’azienda Podere Pavolini, ha impreziosito la serata con il racconto della sua idea di vino. Con questa serata ci troviamo esattamente al 50% del percorso. Per chi non è riuscito a partecipare ho sempre due serate a disposizione. Il prossimo 30 Novembre avremo una nuova serata tematica: Focus su Olterpò Pavese dove, accompagnati da un giovane produttore emergente, Luca Padroggi, analizzeremo le differenze delle varie zone di produzione. Un appuntamento imperdibile per gli amanti del Pinot nero.

Campania: Corte dei Roberto, “Corte dei Roberto”, Brut s.a., pds 26, Fiano 60%, Piedirosso, 25, Greco 15%

La filosofia aziendale potrebbe essere estrapolata dalla mitica canzone di Pierangelo Bertoli “A muso duro“con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”. Da una parte la volontà di mantenere le proprie tradizioni utilizzando vitigni autoctoni, dall’altro la voglia di sfidare e sperimentare tecnologie sempre nuove per ottenere vini di qualità, tipici del territorio e sostenibili per l’ambiente. La produzione di metodo classico è nel DNA dell’azienda. Su sei referenze, la metà è dedicata al prodotto spumeggiante. Il prodotto in degustazione è stato uno dei più apprezzati dai presenti. Qualcosa che non ti aspetti da un vino del sud. Colore tenue e brillante. Naso delicato, fragrante ma non per i lieviti, quanto per la pungenza dei profumi. Attacco agrumato impreziosito da sbuffi di pesca e ginseng. Bocca coerente col naso. Fresco, i ricordi di lime regolano l’ingresso in bocca, coadiuvato da una piccola, setosa e delicata bollicina che si espande lentamente nella nostra bocca. Gustoso ed elegante in persistenza. È veramente piacevole restare stupiti da un prodotto come questo. Ottimo inizio di serata.

Marche: Casale Vitali, “Mont’illi”, Brut Rosè s.a, pds 28, Sangiovese 100%

Chi mi ha seguito nel corso del tempo, avrà già realizzato che abbiamo già avuto il piacere di ospitare quest’azienda. Qui potete trovare la degustazione fatta in FBM VI. La nostra osservazione, sollevata al tempo, è stata recepita dall’azienda ed ora in etichetta campeggia solo l’uva Sangiovese. Anche in questo caso la sostenibilità dell’ambiente è un fattore cardine. Nei 20 ha destinati a vigna, vengono ridotte le quantità di energia normalmente utilizzata per la coltivazione tradizionale così come i prodotti chimici usati. Sulle pendenze di Montelparo, equidistante tra il mare, San Benedetto del Tronto e la montagna, i vigneti sono ben ventilati e beneficiano di escursione termica.  Qui il Sangiovese non forma tutte le gemme nello stesso momento. Ciò comporta che nella stessa pianta le uve abbiano due diversi punti di maturazione e quindi possano essere utilizzare le meno mature per la produzione di metodo classico. In cantina la selezione di lieviti, antiossidanti naturali, permette di usare pochi solfiti nel vino. Ma passiamo alla degustazione. Corallo alla vista, di intensa tonalità con pregevole perlage al suo interno. Al naso i piccoli frutti rossi del Sangiovese fanno capolino assieme a ricordi di melograno e petali di rosa. In bocca la freschezza deve tenere a bada la struttura del vino. La bollicina non riesce ad aiutare la freschezza per tutta la persistenza così sul finale di bocca si percepisce un leggero amaricante.

DOC Trento Valentini di Weinfeld, Brut Rosè s.a, pds 30, Chardonnay 50%, Pinot nero 50%

Devo ringraziare Patrizia Pensini, responsabile export dell’azienda, che durante la degustazione “TrentoDOC Bollicine sulla città di Rimini”, ha insistito affinché assaggiassi questo rosato che è stato premiato con la medaglia d’argento all’ultimo Champagne e Sparkling Wine World Championship, lo trovate quasi in fondo alla pagina dato che i risultati sono in ordine alfabetico. Chi mi conosce sa che non sono i miei prodotti preferiti, ma ogni regola ha la sua eccezione. Prima di descrivere il prodotto una piccola notazione storica. Le prime bottiglie di “Champagne Valentini” (eh si nel 1899 la denominazione champagne non era ancora protetta e si poteva usarne il nome) sono antecedenti a quelle di un altro storico interprete del territorio, Giulio Ferrari che cominciò a commercializzarle nel 1902. Ma adesso andiamo a vedere più da vicino cosa ci racconta questo blend di uve. Alla vista è di un tenue colore rosa che ricorda i fiori di pesco; perlage elegante e diversificato con diversi punti di enucleazione. Naso delicato, sottile e fragrante. Piccoli frutti rossi di bosco, mazzolini di fiori d’alpeggio ed un accenno di confetto ci avvolgono le mucose olfattive. In bocca risulta più strutturato di quanto ci si potesse aspettare. La salivazione è inizialmente copiosa, aiutata da un’integrata co2, che però potrebbe essere più minuta visto anche i 30 mesi sui lieviti.

Emilia Romagna: Luretta, Pas Dosé 2018, pds 36, Pinot Nero 80%, Chardonnay 20%

Ecco il primo dei due prodotti piacentini presenti alla serata. L’azienda è posizionata nella parte a sud-ovest di Piacenza, a Gazzola e più esattamente nei pressi del Castello di Momeliano. La filosofia produttiva è quella biologica e di conseguenza l’azienda cerca di minimizzare l’impatto sul territorio e l’ambiente circostante. Ma andiamo a degustarlo. Colore paglierino intenso con lampi dorati. Pregevole fattura e produzione di catenelle di anidride carbonica. Al naso i profumi sono delicati: dal colore ci saremmo aspettati un’intensità maggiore. Leggere sensazioni di fiori bianchi, caprifoglio e biancospino anticipano i ricordi di frutta a pasta bianca, mela renetta. In bocca l’acidità ha il sapore del cedro. L’anima bio si percepisce alla beva con pulizia di gusto ed una piacevole nota minerale. Di media persistenza con finale di gusto pulito e coerente con l’ingresso di bocca.

Emilia Romagna: Podere Pavolini, Pas Dosé s.a., pds 96, Fortana 80%, Pinot Nero 20%

A circa un’ora di macchia, passando da Podenzano, si arriva a Vernasca, dove ha la sede la ditta di Graziano Terzoni. Enologo, filosofo di vita e personaggio istrionico ha saputo dare un tocco di colore alla serata con la sua idea di vino. Graziano è un ricercatore con un chiodo fisso in testa: fare spumanti che abbiano come riferimento il prodotto acclamato nei secoli, lo champagne. Questa idea gli frullava in testa da bambino fin da quando, ascoltando “Barbera e Champagne “di Giorgio Gaber chiese a suo padre cos’era questo vino che non conosceva (champagne ndr). Oggi i suoi prodotti devono rispettare i parametri che si è imposto: zero amaro, bolla finissima e acidità setosa. Parafrasando il concetto ha spiegato che “… è come un arrosto sugoso, non importa se sia di maiale, vitello, capretto, essenziale è che sia succulento e non stopposo.” Con queste premesse ci accingiamo ad approcciare il suo prodotto. Bel giallo paglierino/dorato alla vista. Il vino è arricchito da molteplici file di lenti treni di bollicine che guadagnano la superficie. Naso elegante ricco di sensazioni fruttate e floreali. Mela verde, susina e ginestra su tutto. È in bocca che ci conquista. Bollicina setosa, morbida e carezzevole: cremosa. La saporosa freschezza riporta alla mente frutti tropicali ed accenni di pasticceria restando comunque sempre tagliente. Persistente e gustoso fino all’ultimo sorso.

Lombardia: Cascina Gnocco, Pas Dosé Rosé s.a., pds 110, Mornasca 100%

Ci spostiamo in Oltrepò Pavese dove il racconto del territorio è affidato ad un’uva tradizionale: la Mornasca. Conosciuta anche come uva di Mornico era diffusa in quanto molto produttiva. Come per altri vitigni, dopo la fillossera, cadde nell’oblio ed ha rischiato di sparire. L’azienda con il “Progetto Autoctoni” l’ha riscoperta ed inserita nel Registro Nazionale delle varietà della vite dandole nuova linfa vitale. È una di quelle uve che definisco “fantasma” in quanto veramente ardua da trovare, ma noi ce l’abbiamo fatta! Domenico Cuneo ci avverte che le sensazioni organolettiche non hanno parametri con altri vitigni, per cui… maneggiare con cura. Rosato molto intenso che ricorda il colore carminio, perlage quasi assente. Al naso avvolge con sensazioni terziarie di tabacco e sbuffi di cioccolata bianca, poi fiori appassiti. In bocca il pizzicore dell’anidride carbonica è delicato: dopo il primo sorso, sparisce completamente e si degusta un vino, piacevolmente fresco, ma senza la sensazione tattile della pungenza. Forse i 110 mesi sui lieviti hanno sfiancato troppo il vino. Provare con soste minori?

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