Abbiamo completato il giro di boa e siamo in rotta verso il porto di casa. Perché questo lessico marinaresco?
Perché la terza serata è andata in scena al “Portus”, ittobar di recente apertura prospiciente il muraglione della diga foranea a Viareggio. Sicuramente è un ambiente che dà il meglio di sé nella bella stagione, ma anche dall’interno del locale la vista sul porto e le onde che si infrangono sugli scogli non sono cose da poco.
Una trentina di fortunati bubbleslover hanno potuto degustare prodotti particolari e decisamente unici, visto l’esiguo numero di bottiglie prodotte. Come di consueto un produttore ha impreziosito la serata. Alberto Colombo di Vallepicciola ha illustrato ai presenti il perché della scelta aziendale che ha portato al Perlinetto.
Se vuoi saperlo anche tu che non eri con noi non ti resta che leggere l’articolo.
Se invece avresti preferito viverlo in diretta con noi, hai un’ultima possibilità, Mercoledì 29 Novembre nel corso della serata conclusiva di FBM 9 che si preannuncia effervescente…
DOC Falanghina del Sannio: Pietreionne, “Helza Exquisitus” Pas Dosé 2020, pds 12, Falanghina 100%
Il Sannio è una terra di grandi vini, ricca di storia e tradizione. In questo territorio, situato tra Campania e Molise, troviamo Pietreionne, una realtà nata nel comune di Ponte, piccolo centro già esistente in epoca romana.
Pietreionne è l’antico nome della località in cui sorgono i vigneti allevati da oltre 4 generazioni. Il nome dell’azienda sembra derivare dal dialetto locale “pietre tonde” riferendosi alle caratteristiche pietre stondate che arricchiscono il terreno
L’azienda si estende sulle colline dove il verde dei vigneti fa da protagonista.
I vigneti di Pietreionne si trovano su terreni di origine vulcanica, ricchi di minerali, quindi la mineralità è uno degli elementi che conferisce al vino maggiore complessità e sapidità.
Il clima è mite, con estati calde e secche e inverni miti.
Tra i vini prodotti da Pietreionne c’è Helza Exquisitus, l’unico Metodo Classico realizzato in soli 1.000 esemplari. Falanghina in purezza. Questo vitigno autoctono del Sannio, si caratterizza per la sua freschezza e mineralità.
Prodotto con uve provenienti da vigneti di oltre 50 anni di età, allevati secondo i principi dell’agricoltura biologica, subisce la seconda rifermentazione in bottiglia dove il vino affina per almeno 12 mesi sui lieviti.
Alla vista è scarico di materia colorante con tonalità che ancora strizza l’occhio al verdolino. La bollicina è minuta ma non è dotata della necessaria energia per raggiungere la superficie.
La prima percezione che ci arriva al naso è di mineralità. Complici i terreni su cui sono allevate le viti questa nota è netta. Segue una nota agrumata, quasi citrina, che si amplia fino a raggiungere una pesca tabacchiera, poi arrivano accenni floreali di sambuco.
Alla beva si viene accolti da una sferzata acida che poi lascia il posto ad una saporosa sapidità. Anche in bocca l’agrume fa da nota caratterizzante; ancora una volta la bollicina fatica a manifestare la sua effervescenza. Perché non lasciarlo riposare qualche mese in più sui lieviti per allargarne il gusto?
DOCG Erbaluce di Caluso: La Masera, “Masilé” Pas Dosé 2019, pds 36, Erbaluce 100%
La Masera non è stata scelta a caso. “Masera” è, infatti, l’appellativo locale che si usa per indicare i grossi muri di pietra che demarcano i campi. E proprio un muro di pietra, situato nel primo terreno acquistato dagli attuali proprietari nel 2005, ha dato il nome a questa realtà produttiva.
La Masera si trova nel cuore del Canavese, una zona del Nord del Piemonte che è la patria dell’Erbaluce, un vitigno autoctono che qui trova la sua massima espressione qualitativa. L’azienda conta una superficie vitata di circa 5,5 ettari, situati nei comuni di Settimo Rottaro e Piverone, tra le colline dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea.
L’ Anfiteatro Morenico di Ivrea è un’area di circa 200 chilometri quadrati caratterizzata da colline moreniche, laghi e fiumi. Questa zona è stata plasmata dall’azione del ghiacciaio Balteo, che durante il Quaternario si è ritirato e avanzato più volte, trascinando con sé detriti e rocce.
I vigneti de La Masera, sorgono proprio su queste colline moreniche, che offrono un terreno composto da limo, sabbia e calcare ideale per la coltivazione della vite, poiché fornisce all’uva le sostanze nutritive necessarie e favorisce un buon drenaggio.
L’erbaluce è un vitigno autoctono piemontese di origine incerta, ma che si ritiene sia originario della zona subalpina del Canavese. Il nome del vitigno deriva dall’espressione latina “alba lux” (luce dell’aurora), che si riferisce al colore che assumono gli acini in autunno, quando i riflessi si fanno più caldi e intensi, ambrati, nelle parti esposte al sole.
Il vitigno erbaluce è molto versatile e con queste uve vengono prodotte diverse tipologie di vino, da quelli secchi agli spumanti ai vini dolci e passiti.
Stasera lo degusto nella versione spumantizzata in bottiglia di cui esistono solo 2.500 bottiglie.
Alla vista ha un colore più intenso del precedente. Tonalità paglierina con media massa colorante dotato di ottima vividezza. Numerose le bollicine che danzano nel bevante.
Naso con accenni empireumatici dovuto all’utilizzo di legni in cui viene allevato il vino base. Una piacevole frutta secca apre la strada ad una fragrante susina. Come fiori si percepisce una ginestra matura.
In bocca l’attacco riporta alla mente sensazioni agrumate di pompelmo rosa. La freschezza è in equilibrio nella struttura del vino e l’effervescenza regala piacevoli pizzicori nella cavità orale. Succoso in persistenza.
DOCG Oltrepò Pavese: Torre degli Alberi, Pas Dosé 2019, pds 36, Pinot nero 100%
La storia dell’azienda è strettamente legata a quella della famiglia Dal Verme, antica famiglia nobiliare che ha da sempre posseduto le terre di Torre degli Alberi. Originari di Verona, i Dal Verme si trasferirono in Lombardia nel Trecento al servizio dei Visconti, che li premiarono con il feudo dell’Oltrepò.
Per secoli, l’azienda agricola si è occupata principalmente di cereali, foraggi e vite. Dopo la Seconda Guerra mondiale, il nonno di Camillo e Filippo, bisnonno di Giacomo, avviò anche l’allevamento di galline e di mucche Limousine, condotti in regime biologico.
Negli anni 2000, Camillo Dal Verme, che aveva fatto il veterinario a Milano, decise di tornare in Oltrepò per occuparsi della vigna. Assieme a Filippo, su un ripido versante esposto a sud/sud-ovest, impiantarono il vigneto di Pinot Nero più alto dell’Oltrepò Pavese, a 500 metri di altitudine, per i seguenti motivi:
- Il riscaldamento globale, che costringe la produzione di spumante sempre più in alto, alla ricerca di zone con microclima più fresco.
- L’elevata escursione termica che permette una maggiore concentrazione delle sostanze odorose nelle uve.
- Le caratteristiche del terreno di Torre degli Alberi, che è ricco di calcare e argilla, e che conferisce al Pinot Nero un’acidità vivace e un aroma intenso.
La vigna di Torre degli Alberi è coltivata secondo i principi dell’agricoltura biologica. Il suolo è inerbito e concimato con il letame prodotto in azienda. Le viti sono trattate solo con prodotti autorizzati dall’agricoltura biologica.
Gli spumanti Torre degli Alberi sono prodotti esclusivamente con metodo classico; ho degustato il pas dose che avevo già avuto modo di sperimentare nell’edizione VII di FBM.
Si offre alla vista vestito di un paglierino di tonalità accesa e compatta. Le perle di anidride carbonica che risalgono dal fondo del bevante illuminano il vino ma sempre con intensità cristallina.
Olfattivamente si percepiscono fragranti note agrumate iniziali, pompelmo in primis, che prendono successivamente corpo in una susina non perfettamente matura ed arrivano a ricordi di pomacee non ben definite. Sbuffi minerali in chiusura.
La prolungata sosta bottiglia ha plasmato la forma delle bollicine rendendole vivaci al gusto e contenute nel volume liquido del vino. Ritorni gustosi di quanto percepito al naso dominano il centro bocca. Sprazzi sapidi allungano il finale.
DOC Lessini Durello Riserva: Casarotto, Brut 2018, pds 36, Durella 100%
Tra i dolci rilievi dei Monti Lessini, in provincia di Verona, si trova l’azienda agricola Casarotto. Fondata nel 1945, l’azienda è oggi gestita dalla terza generazione della famiglia Casarotto, che si dedica con passione alla produzione di vini di qualità.
Il territorio in cui si trova l’azienda è caratterizzato da un clima temperato, con estati calde e secche e inverni miti. I terreni sono di origine vulcanica, ricchi di minerali, e sono coltivati con metodi tradizionali, come la pergola veronese.
Il vino di punta è il Lessini Durello Riserva, un vino spumante prodotto con il vitigno Durella, in 4.500 esemplari, vitigno autoctono dei Monti Lessini che conferisce al vino caratteristiche organolettiche uniche. Per essere più esatti esistono diverse tipologie di Durella (dorata, classica, gialla, grossa, gentile…) ma tutte con la stessa acidità.
Occorre poi che vi ricordiate che per berlo nella versione Metodo Classico abbia il suffisso Riserva, altrimenti il vino contenuto in bottiglia sarà ottenuto con il metodo Charmat.
Alla vista la tonalità di colore è di un paglierino pieno impreziosita da tante catenelle di piccole bollicine.
Al naso mi accoglie con attacco agrumato, complesso: siamo su di un pompelmo e forse anche cedro. Non tarda ad arrivare un frutto tropicale come la papaya ed una mela gialla. Delicate percezioni di fiori d’acacia sul finale.
Alla beva troviamo corrispondenza gustativa con quanto percepito in via olfattiva. La bollicina lavora gomito a gomito con la vibrante freschezza dando piacevolezza. L’allungo in bocca è sapido con ricordi gustosi di frutta.
Toscana: Vallepicciola, Extra Brut 2018, pds 50, Pinot Nero 100%
L’azienda agricola Vallepicciola si trova nel versante orientale di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena, nel cuore della denominazione Chianti Classico. Fondata nel 1999 dalla famiglia Bolfo, l’azienda si estende per 265 ettari, di cui 107 vitati.
La produzione vitivinicola di Vallepicciola è variegata, con una gamma che comprende vini rossi e bianchi, fermi e spumanti.
La filosofia produttiva di Vallepicciola è improntata alla sostenibilità e alla valorizzazione del terroir. I vigneti sono coltivati con metodi di agricoltura integrata, che mirano a ridurre l’impatto ambientale e a preservare la biodiversità.
La cantina, progettata dall’architetto Margherita Gozzi, è un esempio di architettura organica che si integra armoniosamente con il paesaggio circostante. 6.000 metri quadrati di superficie, interrata per l’80%, in modo da preservare le uve dal calore estivo. Il processo produttivo è completamente meccanizzato, in modo da ridurre al minimo l’intervento umano.
Ho degustato il “Perlinetto” che avevo conosciuto ancora in blend col Sangiovese nel millesimo 2013 che 2014. La scelta di rinunciare al Sangiovese ha sicuramente ingentilito il prodotto, i terreni ricchi di argille gli donano la potenza Toscana.
Alla vista è di un tenue ramato, compatto e luminoso. Le bollicine arricchiscono l’aspetto visivo disegnando sinuose traiettorie nel bicchiere.
Al naso il vitigno si presenta con il suo corredo. Piccoli frutti di bosco, fragoline, mirtilli, e finanche cassis. Completa il bouquet una nota agrumata di mandarino cinese.
Alla beva risulta piacevolmente fresco, con una struttura che lo fa posizionare come degno compagno di preparazioni di media struttura. La bollicina è perfettamente integrata e scivola morbida sulla lingua regalando una piacevole percezione di morbidezza. La chiusura ripropone sensazioni agrumate saporite.
Lombardia: Cantina PrimaVena, Pas Dosé 2005, pds >200, Pinot Nero 100%
L’Oltrepò Pavese è una terra ricca di storia, cultura e, soprattutto, di vino. Qui, da secoli, si coltivano vitigni pregiati che danno vita a prodotti di altissima qualità.
Tra le tante realtà vitivinicole che operano in questo territorio, ho scovato Cantina PrimaVena, una piccola azienda a conduzione familiare che oltre ai vini fermi, si dedica alla produzione di spumanti Metodo Classico.
A guidare Cantina PrimaVena è Stefano Parpaiola, un giovane vignaiolo che ha deciso di mettere le sue radici in questa terra, perché ne è profondamente innamorato.
Stefano pratica una viticoltura sostenibile, che non prevede l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi. Il terreno è lasciato inerbito, così da favorire la presenza di microrganismi e insetti benefici, che aiutano a mantenere l’equilibrio naturale del vigneto. Non per niente nel sito aziendale campeggia in alto il super “Faccio tutto a modo Bio”
L’attenzione per la natura e il rispetto per il territorio sono valori che Stefano trasmette anche nei suoi vini, senza smettere mai di osare. E ‘il caso di “CL”, un pinot nero in purezza, realizzato in soli 2.000 esemplari, che ha sostato sui lieviti per più di 200 mesi… più o meno 17 anni.
Incuriosito e affascinato da tale rarità mi sono calato nel bicchiere.
Alla vista risulta cristallino con buona massa colorante dì tonalità paglierina con qualche riflesso dorato. La bollicina è minuta e non si concede molto alla vista.
Naso che apre con una netta nota di fiore di camomilla, a seguire sensazioni sempre più consistenti di pomacee mature, mela redmoon, frutta secca con riconoscimenti di mandorla e sul finire una nota di tabacco. Il naso è mutevole ed è interessante, ogni volta che torno a cercare nuovi profumi, trovo qualcosa di nuovo. Peccato non avere avuto il tempo di vivere tutte le caleidoscopiche sensazioni che mi poteva regalare con un assaggio più lungo.
In bocca come preannunciato alla vista, la bollicina è sotto tono. Non ne faccio una colpa, il tempo trascorso ha sicuramente tolto energia alla massa gassosa. Fresco, con saporiti ritorni empireumatici come polvere di cacao e tabacco. È il prodotto che ha fatto discutere di più i presenti della serata, ed anche il mio preferito.