Figli di una Bollicina Minore V – I dosaggi bassi

Serata su i dosaggi bassi è stata da record. Ieri sera di fronte ad una platea straordinariamente numerosa, 39 persone, abbiamo degustato questo particolare tipo di bollicina. Prima una doverosa precisazione. Il numero elevato di persone, che eccede i limiti che ci siamo imposti per mantenere sempre un contatto coni i presenti, è stato derogato in quanto molti sommelier hanno fatto esplicita richiesta di essere presenti e non ce la siamo sentita di dire di no. Ma torniamo a bomba sul focus della serata. Come molti di voi sapranno, col termine Pas Dosé, ma anche Dosaggio Zero, Non Dosato, Dosage Zerò, ed Extra Brut si vuole intendere un vino rifermentato in bottiglia con un residuo zuccherino inferiore ai 3 gr/l nel primo caso ed inferiore a 6 gr/l nel secondo. I prodotti così ottenuti sono particolarmente secchi e verticali. Produrre questa tipologia di bollicina è più arduo; non a caso è più facile incontrare un prodotto millesimato o riserva in questa fascia. Le uve utilizzate devono essere di assoluta qualità, la filiera di produzione deve essere condotta alla perfezione e la maturazione prolungata nel tempo. Il prodotto finale non può essere “abbellito” con il dosaggio per cui se tutto non è andato per il verso giusto i difetti saranno evidenti. Per i produttori che si cimentano nella sua realizzazione la sfida è ardua, ma il risultato ripaga appieno gli sforzi profusi. Sensazioni legate più al territorio che al varietale, legano questa tipologia alla zona di provenienza. Dalla parte del consumatore, sono prodotti che necessitano un avvicinamento quasi didattico, ma una volta entrati in sintonia difficilmente si scenderà a compromessi con altri tipi di dosaggio. Commercialmente sono prodotti in espansione. Molti champagnes cominciano ad uscire non dosati, ma anche alcune delle zone vocate del nostro Paese, Franciacorta in primis, stanno rivolgendosi a questa nicchia di prodotto. Sfida nella sfida, abbiamo voluto inserire anche zone “commercialmente vocate” per valutare questo prodotto a tutto tondo. Ma tutto questo parlare non vi ha fatto venire sete… a noi si per cui cominciamo a stappare…

Puglia, Cantine 7 Campanili, Libiam Pas Dosè s.a. Bombino Bianco 100%

Abbiamo già incontrato questo produttore nella serata dedicata ai rosé che ora si presenta nella forma più verticale utilizzando un vitigno autoctono della Daunia. Si narra infatti che il Bombino bianco sia stato introdotto in loco niente meno che dai Cavalieri Templari nel lontano 1230. Uva dotata di buona acidità e vigoria, tanto che in Romagna viene chiamato “pagadebit” ad indicare che il contadino poteva contare sulla sua produzione per pagare i debiti, ha trovato nella zona di San Severo il suo habitat ideale. Utilizzato per la produzione dei vini fermi, non disdegna di essere spumantizzato in bottiglia. Alla vista è giallo paglierino con discreta produzione di schiuma alla mescita ma con scarse bollicine di risalita nel bevante. Naso con buon impatto e discreta varietà di sensazioni. Apre con una crosta di pane seguita da ricordi di ginestra e chiude con accenni di frutta a pasta bianca croccante. Questo in conseguenza che il vino sosta 18 mesi sui lieviti. Al gusto la bollicina ricalca quanto già aveva fatto la sorella in rosa. Entra in maniera irruenta ma poi abbandona subito il gusto del vino. La freschezza è con attacco agrumato di pompelmo giallo che dopo poco lascia il posto ad una piacevole salinità che ci accompagna fino in fondo. Il gusto è austero e verticale come deve essere in questi casi, ma una maggiore pungenza in bocca lo avrebbe reso più dinamico.

Puglia, Cantine Re Dauno “Daunisius”, Pas Dosé s.a. Bombino Bianco 100%

Anche in questo caso abbiamo già incontrato il produttore, nella serata dedicata agli autoctoni sempre con l’utilizzo in purezza del bombino, ma con dosaggio brut. Non occorre quindi ripercorrere la parte descrittiva dell’azienda ma possiamo dedicarci completamente al prodotto che abbiamo nel bevante. Colore leggermente più carico del precedente campione proveniente dalla medesima zona di San Severo. Le bollicine formano una pregevole collarette su tutta la superficie di liquido del bevante, ma per quanto riguarda le catenelle di risalita sono scarse ed esauriscono velocemente la loro funzione coreografica. Al naso, grazie alla permanenza di 24 mesi sui lieviti esausti, la spinta delle sensazioni è meno esplosiva, ma la qualità più avvolgente. I lieviti hanno una larghezza maggiore e rasentano le sensazioni di pasticceria, i frutti sono meno aspri anche se mantengono una bella freschezza, susina e pesca non matura possono rendere la sensazione. In bocca la bollicina resta più integrata nel vino ed ha anche una maggiore persistenza. La delicata sensazione di pungenza arriva fino al finale di gusto. Piacevole freschezza di primo impatto, riconducibile sempre a sensazioni agrumate di pompelmo rosa. La salivazione è più pronunciata e si asciuga sul finale svelando il carattere sapido celato fino a questo momento. Il ricordo è piacevolmente lungo.

Veneto, Chiesa Vecchia, Pas Dosé s.a. Garganega e Pinot Grigio

Facciamo un salto a Nord, in Veneto, precisamente ad Alonte nei Colli Berici. Il territorio è variegato grazie ai molteplici eventi occorsi nelle ere geologiche. Vi troviamo rocce calcaree di origine marina, argille rosse e terreni basaltici di origine vulcanica. Le altezze delle colline che preservano dalle nebbie e le scarse precipitazioni annue rendono interessante l’allevamento della vite. Il disciplinare di produzione prevede il metodo classico ma con base Chardonnay in assemblaggio con Pinot Nero e/o Pinot Bianco. Il prodotto in degustazione quindi non può fregiarsi della DOC.  Di colore analogo ai precedenti come detto finora è parco nel concedersi all’aspetto visivo. Le bollicine spariscono quasi subito dopo averlo versato. Al naso ha una buona spinta e un discreto panorama. I riconoscimenti sono simili a quanto già visto, ma la frutta non è più bianca, ma gialla, la crosta di pane è più tostata ed il minerale resta confinato nel sottofondo. Diciamo che graffia di meno e si concede di più. In bocca la bollicina latita come alla vista. Esplode e si stacca dal vino; forse 30 mesi sui lieviti sono stati troppi. Al gusto è più rotondo dei campioni precedenti tanto da far sorgere la legittima domanda: siamo sicuri che sia un pas dosè? La freschezza è più saporosa e l’imprinting passa da agrumi a frutta a pasta gialla. Equilibrato nel gusto, piacevole alla beva ma con poca pungenza ed il dubbio sul dosaggio che è sorto in molti dei presenti.

DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico, Torti, Pas Dosé 2013 Pinot nero 85%, Chardonnay 15%

Passiamo adesso al trittico dei prodotti sulla carta più vocati. Ci spostiamo in Lombardia, a Montecalvo Versiggia in Oltrepò. Abbiamo la fortuna di avere la produttrice che introduce il suo vino spiegandoci che la filosofia aziendale è quella di fare prodotti che debbano essere bevuti, quelli che smetti di bere solo quando la bottiglia è finita. A noi piacciono..;-) Le uve in allevamento biologico sono vendemmiate i primi di Agosto per preservare la freschezza. La cuvée con l’aggiunta dello Chardonnay permette di avere un prodotto dall’attacco più morbido. Un vino femmina per così dire. Al colore presenta dei riflessi sul verdolino che gli altri campioni non esprimevano. Forma una buona schiuma alla mescita, ma anche in questo caso le bollicine non vogliono rendersi visibili. Cominciamo a supporre che esista un problema con i bicchieri, ma non ce ne curiamo più di tanto. Al naso la spinta iniziale è buona ed i riconoscimenti risultano fragranti e croccanti. Fiori freschi appena recisi ed una sensazione di ribes bianco su tutto. L’ingresso in bocca è elegante, sensuale. La bollicina, generata in 30 mesi di bottiglia, avvolge con la schiuma tutta la cavità senza essere troppo pungente. Poi si ritira nel liquido amplificando la freschezza che a livello gustativo potremmo identificare con una susina non perfettamente matura. Sul finale esce il carattere e la struttura del Pinot Nero. La salivazione si concentra sulla punta della lingua e la persistenza prende corpo. In effetti, ricordandoci quanto detto in apertura, una volta aperta la bottiglia è facile finirla…

DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico, La Piotta “Tre Cuvée”, Pas Dosé 2013 Pinot nero 100%

Eccoci arrivati al secondo campione proveniente dalla stessa zona Lombarda, ma leggermente spostato; ci troviamo infatti a Montalto Pavese. Il Produttore, Luca Padroggi, ci spiega che questo prodotto è un pas operé, termine usato per indicare che in fase di rabbocco di utilizza solo il vino di partenza e la quantità di solforosa necessaria per stabilizzarlo. Nei pas dosé si fa invece riferimento solo alla quantità di zucchero residuo che deve essere inferiore a tre grammi litro. Questo per anticiparci che il prodotto sarà crudo in bocca. Se quello di prima era un vino femmina questo è sicuramente un vino maschio. Alla vista risulta di una bel colore paglierino brillante, anche se complici i bicchieri, ormai devo essere loro, le bollicine si negano alla vista. Al naso apre con note ossidate che si ritrovano i certi champagnes. Luca ci spiega che l’aggiunta di quantitativi minimi di solforosa, l’azienda è bio, fanno ossidare più facilmente il vino.  I riconoscimenti vanno da petali di rosa a frutti a pasta bianca ben maturi e proseguono con ricordi di frutta secca e burro di arachidi. Alcuni hanno ravvisato anche un accenno di polvere di caffè. In bocca la bollicina ha un buon grip. Rotonda, scivola sulla lingua esercitando la pungenza in maniera coerente e senza spigoli. La freschezza è elegante e ricorda il frutto della passione, sul finale esce fuori una piacevole sapidità. Peccato ne faccia solo 1.200 bottiglie.

DOCG Franciacorta, Massussi, “Curtel” Extra Brut Riserva 2009 Chardonnay 70%, Pinot Bianco 15%, Pinot nero 15%

Siamo arrivati in una delle zone più vocate italiane: Franciacorta. Anche se questo prodotto non rientra sicuramente fra le bollicine minori, ringraziamo Luigi Massussi che si è voluto mettere in gioco. Il nome del prodotto deriva dal torrente omonimo che passa nelle vicinanze del vigneto. La cuvèe viene prodotta solo in annate perfette, generalmente ogni lustro, ed il millesimo 09 è stato molto interessante. Circa il 15% dello Chardonnay è vino di riserva della vendemmia precedente passato in barriques di legni francesi. Il fatto che sia una riserva ci indica che minimo deva aver sostato 60 mesi in bottiglia. Ci sono tutte le premesse per degustare un grande prodotto. Versato nei bicchieri produce una soffice e spumosa schiuma che diradandosi forma una perfetta collarette. Purtroppo non possiamo apprezzare le bollicine per quanto detto in precedenza. Al naso è sensuale ed avvolgente. L’uso dei legni si percepisce ma non in quanto tale bensì per il suo ruolo di amplificatore delle sensazioni. La frutta è di matrice tropicale come la papaia, i fiori bianchi sono a perfetta maturazione ed i lieviti sono di pasticceria: biscotto al cocco. In bocca l’attacco è elegante. La bollicina fine, rotola ben integrata nel vino senza essere esuberante ne pungente, ma setosa. La freschezza ancora una volta ha subito un’evoluzione: parliamo sempre di sensazioni agrumate ma decisamente meno acide; potremmo paragonarla ad un cedro della costiera amalfitana. Equilibrato nelle sue componenti è piacevole alla beva ed ad ogni sorso regala sempre qualcosa in più. E’ una bella donna che si concede poco alla volta… ma noi abbiamo tutto il tempo di questo mondo…

 

 

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